Foto di Assisi

Rendici uguali ma unici

Rendici come tutti

Il popolo di Israele, a un certo punto della narrazione biblica, dice al profeta Samuele di chiedere per loro un re. Ciò ha delle conseguenze che possono aiuarci a riflettere sulla cosiddetta "identità" e sul relazionarsi in maniera adulta con la diversità a partire dalla teologia, dalla psicologia sociale, dall'antropologia e dalla psicoanalisi.

Nel primo Libro di Samuele, al capitolo 8 versetto 5, il popolo di Israele chiede al profeta ormai anziano:

Gli dissero: "Tu ormai sei vecchio e i tuoi figli non camminano sulle tue orme. Stabilisci quindi per noi un re che sia nostro giudice, come avviene per tutti i popoli".

Il popolo che era diverso da tutti gli altri popoli, perché messo da parte da Dio per sceglierlo come suo popolo particolare, chiede un re, per essere come tutti gli altri popoli.

Dio lo accontenterà, dando un re (Saul, poi Davide, eccetera) ma lo accontenterà in modo ironico: il re non sarà paragonabile a un dio, non sarà di origine divina come avviene negli altri popoli vicini, ma dovrà obbedire a una legge fondamentale, la Torah, indicata - semplificando - nel decalogo, nei dieci comandamenti, che deriva direttamente da Dio. Quindi sarà sempre, anche il re, un uomo normale che sarà sotto Dio.

La categorizzazione di sé

Quindi Dio renderà Israele un popolo come gli altri ma, allo stesso tempo, diverso dagli altri. Sembra che si sia messo d'accordo con John Turner e chi ha collaborato con lui, famosi per aver proposto in psicologia sociale la Teoria della categorizzazione di sé che, tra le varie assunzioni, ne propone una:

Le rappresentazioni cognitive del sé [cioè il modo in cui ci vediamo e ci collochiamo in determinati gruppi sociali] assumono la forma, tra le altre, di auto-categorizzazioni, cioè raggruppamenti cognitivi di sé e di alcune classi di stimoli come uguali (identici, simili, equivalenti, interscambiabili e così via) in contrasto con alcune altre classi di stimoli. (I concetti di sé sono categorie e come tutte le categorie si basano sulla percezione delle somiglianze intra-classe e delle differenze inter-classe tra gli stimoli: vedi Bruner, 1957; Campbell, 1958; Rosch, 1978; Tajfel, 1969b, 1972a; Tversky e Gati, 1978) [1].

Ciò significa che la nostra identità ha sia una dimensione personale sia una dimensione sociale. Cioè, tendo a considerarmi non solo come "Dorian", ma anche come "psicologo", "psicoterapeuta", "frate". Mi riconoscerò delle caratteristiche degli psicologi che mi rendono diverso da alcune caratteristiche dei genetisti. Però magari posso avere qualche amico genetista e, come lui, apprezzare la birra. Quindi non sarò del tutto diverso. Queste caratteristiche sociali rendono i vari gruppi quindi aperti, modificabili, rilevanti o meno rilevanti a seconda della situazione.

Identità sociale, conflitto e comportamento altruista

Però c'è un problema. Questo Dio sembra un po' pericoloso. Rendere il popolo di Israele diverso da tutti non rischia di essere fonte di conflitto? Perché poi per mantenere distinto il gruppo dagli altri occorrerà trovare delle differenze, degli obiettivi diversi, che magari possono anche diventare occasione di conflitto:

Da una prospettiva psicologica, definita in senso generale, il conflitto intergruppo è la percezione di incompatibilità di obiettivi o valori tra due o più individui, che emerge perché questi individui si classificano come membri di diversi gruppi sociali [2].

Insomma. Non va bene che io mi categorizzi come psicologo, perché poi rischio di voler molto male ai genetisti [3].

Non è detto però. Il lavorare in squadra - quindi in piccoli gruppi - può per esempio, secondo alcuni studi riassunti in un recente lavoro [4], aumentare il comportamento pro sociale (cioè in favore di altri).

Locale, altrove

Ma poi si può considerare il far parte di un gruppo in maniera non per forza rigida e impenetrabile. Una immagine che ho sempre trovato efficace è quella del panorama. Le "aree culturali" possono essere pensate come un panorama. A un certo punto formano delle composizioni caratteristiche, tipiche di determinate zone, come la vegetazione della Barbagia, nel centro della Sardegna. Queste corrispondono ai vari gruppi. Però queste composizioni sono variegate. A dar voce alla Barbagia ci può essere un gruppo di canto tradizionale cosiddetto a tenores, ma neanche un coro alpino stonerebbe. Vi sono, insomma, delle zone di contatto tra le Alpi e il Gennargentu. E poi, camminando un po', piano piano il panorama cambia, fino a diventare man mano altro. Procedendo verso il nord della Sardegna si attraversa il mare, si arriva al sud della Corsica e si sente cantare un celebre canto corso, "Dio vi salvi, Regina", che è diverso dai canti barbaricini, ma risente delle inflessioni musicali comuni ai due generi tradizionali. Questo permette di non mettere in contrapposizione il "locale" (e le varie persone che lo abitano e mettono in campo vari gruppi sociali) col "globale", ma di consideare il "globale" come un "locale, altrove" [5].

E può anche accadere che una persona renda presente una identità sociale che è stata più importante in passato, come quando un mediatore culturale riconosciuto ricorda il tempo in cui non era riconosciuto tale, ma era considerato principalmente migrante e questo ricordo gli permette di comprendere meglio cosa può sperimentare una persona migrante che deve aiutare [6].

Psicoanalisi e diversità "adulta"

È interessante anche la prospettiva offerta dalla psicoanalisi, un po' diversa rispetto a quanto ho accennato finora. A volte può sembrare un po' campata per aria questa disciplina. Niente di più falso. Tiene conto della constatazione che ci relazioniamo con gli altri e nel mondo anche attraverso un corpo, che poi magari realizziamo essere il nostro corpo. Per questo anche fa uso di molti concetti che hanno a che fare con il corpo e, più in particolare, con la sessualità, dimensione tanto importante per la vita e per stabilire relazioni umane d'amore profonde. Significa quindi constatare che posso scoprire di avere alcune parti del mio corpo (in particolare per ciò che concerne i caratteri sessuali primari e secondari) simili a quelle del corpo di alcune persone e diverse da quelle del corpo di altre. 

Ma constatare, per esempio, che la persona a fianco a me ha un utero e io, invece, non ce l'ho, può avere, come conseguenza, il considerami sbagliato, mancante, e può portare così al sorgere di situazioni di invidia che possono avere come conseguenza ricerca distruzione e conflitto. La sfida e la crescita, invece, per la psicoanalisi, è la sfida e la crescita che spetta a ciascuno di noi: essere diversi è, appunto, essere diversi. Non meno, non più. È constatare di essere, al tempo stesso, come gli altri ma anche persone uniche, sempre diverse per certi aspetti dagli altri: ciò può aiutare ad andare oltre il conflitto.

Uguali ma unici

Questa prospettiva può consentire quella dimensione di senso, previsione e comprensione della realtà, quella sicurezza, quella protezione, che deriva dall'avere dei pari significativi di riferimento. Io sono sardo e posso trarre profitto dalle generazioni di persone sarde che hanno trovato o creato dei modi - incarnati nelle tradizioni, in certe visioni della realtà e dell'esistere, dei rapporti tra generazioni - per vivere nel mondo in un modo che funziona (così come posso trarre profitto dal modo di vivere il cristianesimo dei frati cappuccini o dal modo di concepire le relazioni degli psicologi sociali e degli psicoterapeuti psicoanalitici).

Ma posso, al tempo stesso, riconoscere in questo mondo le possibilità e i limiti miei specifici, unici, diversi, in quanto persona, popolo, città, nazione, specificamente scelte da Dio e, pur vivendo nel mondo, da lui separate dal mondo per vivere quella vita d'amore che proprio io e nessun altro può vivere.

Qui la teologia e la psicologia, pur distinte, mi pare si intersechino e si integrino a meraviglia. Forse Dio, Turner e Freud si sono scritti un messaggio WhatsApp nel riconoscere ogni popolo, ogni abitante della polisi, ogni persona, allo stesso tempo uguale e unica.

[1] Turner, J. C., Hogg, M. A., Oakes, P. J., Reicher, S. D. and Wetherell, M. S. (1987). Rediscovering the Social Group: A Self-Categorization Theory, Oxford: Basil Blackwell, p. 44

[2] Böhm, R., Rusch, H., & Baron, J. (2020). The Psychology of Intergroup Conflict: A Review of Theories and Measures. Journal of Economic Behavior & Organization, 178, 947-962, doi:10.1016/j.jebo.2018.01.020

[3] Cari genetisti e care genetiste, non ho nulla contro di voi naturalmente :)

[4] Charness, G. and Chen, Y. (2020). Social Identity, Group Behavior, and Teams, Annual Review of Economics, 12, 691-713, doi:10.1146/annurev-economics-091619-032800

[5] Hannerz, U. (2001), La diversità culturale, Bologna: Il Mulino

[6] Soru, D., Schiavinato, V., Rhazzali, M. K. e Aiello, A. (2013). "We were like them": Intersecting Identities and Mediators' Intercultural Communication in a Municipal Service, Journal of Intercultural Communication, 31, https://immi.se/oldwebsite/nr31/soru.html (accesso: 01/04/2023)